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21 febbraio 1994, i Nirvana a Modena

Se dobbiamo scrivere di un concerto storico a Modena nel 1994, dobbiamo pensare al grunge perché Modena fu una delle tre città italiane toccata dall’ultima tournée dei Nirvana. Ultima, perché precedette di poco il suicidio del leader del gruppo, Kurt Cobain. Di quel concerto sono rimasti molte tracce sul web, a partire da un video, certo di qualità assai modesta, e i ricordi di molti che c’erano (ma, forse, anche di qualcuno che non andò e avrebbe desiderato essere parte della storia),
Disponiamo anche di alcune recensioni, che più o meno ci raccontano la stessa storia: la tournée non aveva bruciato i biglietti per le due date al PalaTrussardi di Milano; il concerto modenese fu parzialmente deludente; Kurt Cobain era già l’ombra di sé stesso. Ma l’entusiasmo dei cinquemila presenti al nuovo Palasport di via Divisione Acqui la sera del 21 febbraio era incontenibile a prescindere; soprattutto, avevano una gran voglia di “pogare” (“danza grunge, nata come un salto a destra ed uno a sinistra per urtare il vicino, diventa ben presto uno spingi-spingi generale, che impone indumenti e scarpe comode”: questa è la definizione di Laura Putti, mandata dal quotidiano La Repubblica a raccontare il concerto).
“I cloni del leader sono parecchi, piccoli cristi con capelli lunghi, la barba appena accennata. Il pubblico non ha occhi che per lui, Kurt, doloroso profeta di una generazione cresciuta con la paura dell’Aids, con la violenza metropolitana, con un mondo in guerra, spettatori neanche tanto attoniti del lacerante risveglio dell’America dal suo sogno. Cobain non si agita molto, dice due battute al pubblico; i momenti più calmi nel magma di rumore (Dumb, Polly…), le canzoni più acustiche, assomigliano piuttosto a minuti di coprifuoco, calma apparente, straniata, ansiosa, più che serenità abulica. Potesse vederli Kurt Cobain tutti quei volti, lui ossessionato dalla sua stessa popolarità, chissà come si sentirebbe se potesse scorgere nell’ oscurità gli occhi adoranti, le bocche che urlano con lui le canzoni di dischi con strani inquietanti titoli”.
Laura Putti descrive il lavoro degli altri tre musicisti ed elenca diligentemente i brani in scaletta, ma la chiusura della sua narrazione-recensione è moralistica e non lascia uno spiraglio ai Nirvana e al loro pubblico. “Alla fine del concerto dentro e fuori dal Palazzo dello sport c’ è un cimitero di bottiglie, oggetti svuotati e abbandonati come le adolescenze disperate di quei quattro che hanno appena smesso di urlare”.

ps. linko il video, ma la sua qualità è davvero modesta

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