Il Partito di Renzi, soluzione venti per cento

Venti per cento. Questa è la percentuale di voti che Matteo Renzi raccoglierebbe se si presentasse con un proprio partito. Lo pronostica un sondaggio, che circola (o viene fatto circolare) anche di questi tempi.

Qualcuno dirà, con buone ragioni, che questo partito esiste già: il PD di oggi non sarebbe altro che il PdR, secondo la formula di Ilvo Diamanti. Il Partito di Renzi.

E’ vero, ma il problema nasce proprio qui. Il PD non è il partito di Renzi. Sì, certo, dobbiamo ammirare la rapida fioritura del giglio magico, l’improvvisa genetica di una nuova classe dirigente che, come in tutti gli esperimenti scientifici, non sempre riesce al primo colpo. Un eccesso verbale tipico di chi possiede le parole ma non le cose, e i fatti ancora meno.

Osserviamo la vicenda francese. Macron ha lavorato con e per i socialisti, poi ha deciso di fondare un proprio movimento, che (è nella natura delle cose) si è mutato in partito.

Non gli interessava prendere il potere del Partito socialista francese. Ha valutato lo stato delle cose e ha deciso di scartare di lato, di fare la mossa del cavallo negli scacchi. In questo, egli ha voluto tenersi le mani libere da qualunque tradizione, tranne una: la storia della Repubblica francese. Che contiene tutto e il contrario di tutto. Il partito di Macron è il partito della nazione perché in Francia la Nazione esiste veramente e,a suo modo, è una cosa solida.

Mi domando perché Renzi, che è postmoderno culturalmente, post democristiano e post cristiano, abbia voluto inserirsi nella storia del PD, con la quale non ha nulla a che fare.

A parte il giudizio che ciascuno si è fatto di lui in questi anni, penso che sia rimasto a metà del guado e ora si è impantanato. Indeciso se prendere il potere nel partito esistente oppure creare un movimento tutto suo, egli ha combinato la cosa peggiore: ha creato un movimento tutto suo dentro il partito esistente. Non una semplice, vecchia corrente, ma qualcosa di più.

Il fiume sarà attraversato il prossimo anno, quando tutti gli eletti a Camera e Senato saranno sua espressione e alle minoranze del PD sarà lasciato poco o nulla. Se non si accontenteranno, potranno pure andarsene. Non andarsene al diavolo, ma fuori, a brucare l’erba della prateria o a dormire in tenda vicino a Prodi o a contare le mucche nel corridoio con Bersani. Lo ha scritto con molta chiarezza in uno dei suoi ultimi post. Non si faranno prigionieri: rallentano la marcia.

 

 

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