Si fa un gran discorrere di immigrati e profughi e dell’aiutarli a casa loro. Come se il tema fosse nuovo.
Se si vuole criticare l’Unione Europea, lo si faccia con consapevolezza, ma anche sapendo dove si vuole andare a parare con i discorsi. Se ci si colloca a sinistra, ma anche solo su posizioni democratico-riflessive, si ricominci a discutere di ciò che si dovrebbe fare e di ciò che è possibile ora.
Ma vedo che oggi non si va oltre gli slogan e, quindi, si lascia tutto come prima, facendo grandi regali ai presunti nemici che si vorrebbe colpire.
In questo discorso di Renzo Imbeni, scritto nel 2003, appare, per esempio, la parola multinazionali, che oggi è poco meno di una bestemmia. Il discorso è molto più ampio, di grande profondità e visione, e non ha perduto la sua forza. Almeno, io la penso così.
ps Imbeni disegnò anche, in altri discorsi, una visione molto interessante del rapporto tra clima e povertà, tra questione ambientale e questione sociale. Con suggestioni che, forse solo i verdi tedeschi furono in grado di evocare in lui quando era vicepresidente del Parlamento Europeo.
“La terza condizione è una nuova generazione di politiche a sostegno dei paesi più poveri e in via di sviluppo. Oltre la metà dei finanziamenti mondiali alla cooperazione allo sviluppo sono dell’Unione Europea. In totale si tratta, con riferimento al bilancio 2001, di quasi 10 miliardi di Euro impegnati, 8 miliardi dei quali effettivamente spesi. Queste cifre comprendono anche contributi ai paesi candidati per gli anni della preadesione, gli aiuti umanitari e alimentari d’urgenza, ma la maggior parte sono rivolte a paesi poveri, africani, asiatici, dell’America Latina ed anche europei, com’è il caso dei Balcani.
Si tratta tuttavia di contributi finanziari di natura pubblica che vanno da nord a sud mentre il flusso di ricchezza privata va prevalentemente da sud a nord. Le imprese multinazionali private infatti, proprietarie della maggior parte delle risorse naturali, minerarie e agricole destinano solo una parte minima dei propri profitti ad investimenti a favore dello sviluppo economico, del progresso sociale e della crescita democratica dei paesi in cui svolgono le loro attività. Sono gli aspetti negativi della globalizzazione, nelle sue manifestazioni di carattere neo coloniale.
La questione non più eludibile è se abbia senso continuare a sostenere con finanziamenti pubblici paesi poveri le cui ricchezze sono a loro volta destinate a finanziare società multinazionali di paesi ricchi. Si devono trovare nuove modalità per condizionare, partendo dal finanziamento pubblico, l’attività delle grandi imprese multinazionali. In tal modo l’Unione potrà presentare il suo volto non più neo coloniale, ma di partner politico-economico e finanziario per una effettiva riduzione del divario fra paesi ricchi e poveri, favorendo una crescita a ritmi più rapidi di questi ultimi paesi.
Un partner che dovrebbe agire come tale all’interno degli organismi internazionali i cui orientamenti e le cui decisioni condizionano molto più dei parlamenti, dei governi e dei partiti nazionali la situazione economica e sociale di molti paesi. L’OMC, il FMI, la Banca Mondiale dovrebbero definire nuovi criteri ed equilibri interni capaci di sostenere clausole democratiche, sociali ed ambientali, di contrastare quelle forme di protezionismo esasperato che impediscono il decollo di economie spesso monocolturali, di garantire che i diritti universali alla salute, all’istruzione e alla formazione siano resi subalterni alle regole del mercato e del libero commercio.”
(“Immaginare l’Europa nel mondo post coloniale. Gramsci e i sud del mondo” di Renzo Imbeni
Per Euromediterranea 2003.
Renzo Imbeni, impossibilitato ad intervenire, aveva messo a disposizione questo suo intervento svolto in occasione della Festa dell’Europa a Napoli 8-10 maggio 2003.)