Questo paese è un museo autarchico (e di finta sinistra)

Esiste un problema di diritto e un problema di futuro nella sentenza del Tar del Lazio, che ha bocciato alcuni direttori di musei italiani. Italiani i musei, non i direttori, perché “non passa lo stranierio”.

Mi pare evidente che il Tar abbia trovato un forte appiglio per la propria sentenza: non si possono assumere non italiani alla guida della pubblica amministrazione. Tutto il resto della sentenza è come l’osso dato con la carne per fare il brodo.

Dunque, è possibile che i dirigenti, pubblici e italiani, del Ministero abbiano scritto un bando sbagliato o fallace. Può essere, e allora il ministro farà bene a chiedere conto.

Sul resto però, aldilà delle forzatura vittimistica di Franceschini, dovremo interrogarci. Non tanto sulla necessità dei Tar, che avranno la loro utilità, non dico di no. Come le zanzare, per esempio.

Sono perplesso di fronte alla difesa dei Tar da parte di persone di sinistra e mi domando se è solo un gioco delle parti (sinistra contro un socio forte del PD come Franceschini).

Ma il problema è il merito. Mi pare di rivivere le polemiche di anni fa contro l’idraulico polacco che avrebbe invaso la Germania o la Francia togliendo lavoro agli idraulici locali. Abbiamo visto anche quei manifesti in una campagna sciovinista.

Spezziamo (verbalmente) le reni al capitale finanziario e chiediamo più diritti per i lavoratori. Purché rimangano a casa loro. Mi sbaglio o in Europa vi è libertà di lavoro, di studio, di movimento? Fatemi capire che Europa vogliamo.

Nelle nostre fabbriche lavorano stranieri multicolori: alla catena di montaggio vanno bene, nei musei no?

Sosteniamo una politica aperta e attiva per i profughi e firmiamo per leggi che riconoscano la cittadinanza almeno a chi è nato qui e rimandiamo a casa qualche straniero solo perché non è arrivato in barcone?

Può anche essere che alcuni o tutti i direttori stranieri dei musei siano meno bravi dei candidati italiani rimasti al palo: ma ce lo dirà il tempo e il loro lavoro. Perché non bravo non significa illegittimo. E viceversa.

L’arroganza degli sconfitti equivale alla dittatura della minoranza. Di un’infima minoranza.

Invece di sostenere il lavoro dei nuovi direttori, di chiedere più fondi e più attenzione ai cittadini, a tutti i cittadini, più personale, e giovane, ci si perde in beghe corporative e autarchiche. Non è con questa battaglia che si affronterà, per esempio, la strana vicenda degli scontrinisti alla Biblioteca nazionale.

Perché alla fine della fiera a molti pare che gli italiani possano andare facilmente a lavorare all’estero, mentre gli stranieri non possono venire a lavorare in Italia. Il paese che, secondo la retorica, possiede la metà del patrimonio artistico del mondo intero. Ma davvero abbiamo solo da insegnare e nulla da imparare?

Questa sentenza ha, ai miei occhi, un sapore “salviniano” ma non salvifico.

Gli italiani amano i musei. Soprattutto quelli stranieri perché sono ben tenuti, ben gestiti, attivi nella ricerca e nelle attività espositive. In Italia, per esempio, le mostre si fanno quasi tutte fuori dai luoghi deputati, ovvero musei e pinacoteche: io voterei una moratoria di cinque anni che vietasse le mostre non organizzate dai musei nazionali o da quelli locali. (Sì, lo so, se fossi giudice me la boccerei da solo ma è solo per farmi capire)

Ai loro occhi, agli occhi di molti italiani, la soluzione diverrà con sempre maggiore convinzione la creazione o il rafforzamento di enti autonomi di impronta privatistica, che possano gestire a mano libera (ma credo anche con qualche raziocinio in più) nomine e personale, consulenti e caffetterie, bookshop e merchandising.

La sentenza di oggi indebolisce temporaneamente il ministro Franceschini ma domani lo rafforzerà.

 

 

 

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