Rucola e anni Ottanta

Bresaola, grana e rucola; sandwich prosciutto e rucola; piadina stracchino e rucola; tagliata con la rucola. Non ce l’ho con la rucola, ce l’ho con chi ne ha riempito gli anni Ottanta come se non ci fosse domani. E ci ha provato anche negli anni Novanta, ma la pianta verde finì nel dimenticatoio assieme a tangentopoli e la Milano da bere.

Per la verità, la rucola non ha rubato nulla a nessuno, anche se temo che abbia aiutato baristi e ristoratori ad alzare un poco il prezzo. Miglior sorte è toccata al frizzantino, un’altra nefandezza involontaria di quella decade.

Certo, la rucola o rughetta, come la chiamano più a sud del muro e vicino ai palazzi del potere romani, viene ancora infilata a tradimento sui piatti di carne e in mezzo alle variopinte insalate, ma la nouvelle vague vegetariana e vegana non l’ha rimessa all’onore dei piatti.

Per quella foglietta verde, un tempo servita esangue e priva di una qualche parvenza di vita, non è un periodo facile: contrabbandata allora come pianta afrodisiaca, da ingollare in quantità industriali per rimediare all’impotenza, ora viene filtrata e infilata in tisane depurative. La guardiamo, da lontano, e la salutiamo con la complicità di chi ne ha viste e sentite tante assieme, seduti al tavolino di un bar, in piedi davanti al bancone, seminascosti in un ristorante pessimo ma alla moda.

 

Condividi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *