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Suonare ed essere suonati

http://https://youtu.be/ziJ1ideCOuA

Erano i cinque musicisti più importanti di quegli anni. Sì, forse ne restavano fuori altri (come Monk, come Tristano, come i californiani Mulligan e Chet Baker) ma loro erano Il Quintetto. Su questo c’erano pochi dubbi. L’idea era semplice: suonare, registrare, vendere, fare un bel po’ di soldi. Per andare andarono, quanto a suonare anche; ma non misero assieme nemmeno mille spettatori perché avevano sbagliato a scegliere la data: quella sera in tv trasmettevano l’incontro per il titolo mondiale tra Rocky Marciano e Jersey Joe Walcott.Due veri pugili, non dei sacchi delle botte. Oddio, Walcott aveva 39 anni e andò giù alla prima ripresa. Comunque, la gente si era sistemata comoda sul divano, con la birra e le patatine, e non aveva mica più tanta voglia di uscire per andare alla Massey Hall ad ascoltare cinque negri che facevano del jazz moderno. Del be bop, qualunque cosa quelle due parole volessero significare. I cinque erano famosi (per chi amava il jazz) e bravi (per chi amava il jazz moderno, non quello vecchio e barocco di New Orleans o lo swing, musica fatta solo per ballare). Si chiamavano, in ordine di apparizione: Charlie Parker con il suo sax alto, peraltro preso in prestito perché aveva perduto il suo o forse l’aveva dato in pegno da qualche parte; Dizzy Gillespie, il trombettista che gonfiava le gote come una rana e soffiava in una tromba con il tubo piegato verso l’alto; Bud Powell sul piano; e gli inquieti politicamente parlando Charlie Mingus al basso e Max Roach alla batteria.

Sarebbe stata la prima ed unica volta nella quale avrebbero suonato assieme tutti e cinque. Ma non tutto andò per il verso giusto: gli organizzatori avevano prenotato una sala da 2.765 posti, che non riempirono nemmeno a metà. In realtà, non si sa quanti biglietti furono venduti: c’è chi dice 600 e chi 1700; il fatto è che i giovani e inesperti organizzatori ai cinque non diedero nemmeno la paga per intero.

La registrazione, poi, venne male al punto che Mingus si portò i nastri a casa a New York e decise che lui e Roach avrebbero inciso nuovamente la loro parte, compreso un assolo. Tanto la casa discografica, che si chiamava Debut, era di proprietà di Mingus.

Comincio da questo disco perché è il primo e più importante che ha significato per qualcosa: era un lp triplo e aveva un fascino magico. Mentre guardavo la copertina mi cadde l’occhio sulla data del concerto: era il 1953, il mio anno di nascita, e insomma ci vidi qualcosa di magico. Diciamo che decisi che ci avrei letto un segno del destino.

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