La casa rigata 2/ La bambina in bicicletta

La bambina era mia madre e la bicicletta è stata la sua fedele compagna fino a quando è riuscita a metterla in strada.

Non riesco a dividerle nel mio ricordo: la vedo salire sul sellino, sistemare la gonna sempre un poco larga e dare un colpo sui pedali come un tempo lo si dava al pedale delle motociclette. Ma le moto hanno il motore, quella bicicletta aveva come motore solo le gambe magre e le ginocchia ossute di una bambina.
Sono convinto che avrebbe vinto anche qualche Giro d’Italia, se solo avesse voluto. Ma la bicicletta non le serviva per fare sport, le era indispensabile per lavorare. Perché a otto anni era rimasta senza padre e a 11 cominciò a fare la sarta. Sarta-bambina ma pur sempre sarta. Ogni giorno correva veloce sulla via Emilia, dal ponte di sant’Ambrogio a Modena, per andare nella sartoria che l’aveva presa come aiutante. Tornava a casa col buio, mi raccontava, e lei aveva paura e spingeva sempre più forte. C’erano sere che pedalava così forte che non sapeva se il cuore le andava in gola per la paura o per la fatica.
Lei usava una parola in dialetto, che indica la fatica di dare il colpo sui pedali, una parola che non esiste l’uguale in italiano. Ecco perché avrebbe vinto qualche Giro d’Italia: perché la spingevano la miseria e la paura.

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