Dopo l’edizione di ieri del Concertone del Primo Maggio si leva una voce sola (ma non dalla piazza, immagino):aridatece il Festival di Sanremo.Vorrei evitare le battute di qualche amico che infierisce dicendo: i musicisti sul palco sono come i sindacati, inutili, quando non fastidiosi. Non si può rovinare in questo modo la reputazione dei Confederali. Non penso sia giusto.
Quanto ai musicisti, non potete neppure fare i qualunquisti da stadio gridando: andate a lavorare, proprio perché di lavoro non ce n’è. Vista la scaletta di ieri, immagino che i musicisti più anziani fossero tutti a riposo (nella casa di riposo, intendo) e gli altri a suonare da qualche parte con un ingaggio decoroso.
Vorrei anche che si evitassero facili titoli, del tipo: Concerto del Primo maggio, la Grande Bruttezza. Oppure una facile sociologia d’accatto, del tipo: il Concerto è una metafora dell’Italia. Metafora de che? Non ci possiamo permettere più nemmeno il lusso della metafora.
Ma la colpa di chi è?
Di chi afferma che uno vale uno, salvo poi il fatto che uno solo conta. Conta i soldi. Gli altri smanettano. (La teoria che tutti potessero suonare fu praticata già nei raduni degli anni Settanta).
Poi ci sono quelli in marcia, in fila indiana dietro il manager e il promoter di turno, che tanto destra e sinistra non ci sono più. Sono quelli che suonano al Primo maggio ma vorrebbero tanto arrivare a Sanremo, perché lì almeno hai una botta di popolarità e la speranza di fare i soldi (si torna sempre lì, cosa credete?)
Ci sono quelli che sono la brutta copia di copie straniere e, sentendosi insidiati dalla copia copiata, gridano: fuori gli stranieri dal palco. Sono quelli che hanno ragione da vendere, perché da loro non c’è nulla da comprare. Soprattutto la musica.
E la colpa è anche di chi suona sempre la stessa musica, che era già vecchia quando era nuova, ma se gli dai una mano di reggae o di folk irlandese va da dio. Il problema è che a me il reggae o la musica irlandese dopo due pezzi mi sembrano tutti uguali e va bene così, abbiamo già dato.
E poi ci sono i radical chic di sinistra (a proposito: i radical chic sono come i populisti, principalmente di destra ma ce ne sono anche di sinistra, perché non è poi mica vero che sinistra e destra non ci siano più) ecco, dicevo, ci sono i radical chic che chiedono a gran voce di portare il jazz sul palco del Primo maggio. Che sarebbe anche giusto come principio, ma poi ti accorgi che l’ottimo è nemico del meglio e mandare un pianista jazz sul palco è come tagliare la testa a Maria Antonietta con ancora la brioche in bocca. Una perfidia mortale.
E poi c’è la tv, che notoriamente di musica capisce quanto io capisco di nanotecnologie.
E poi c’è la ggente, con due G, un punto erotico che non è facile stimolare: ieri, per esempio, si poteva arrivare all’orgasmo per stimolazione della noia. Perché, mi domando, nella piazza che pubblico c’è? E a casa? Ma tutte queste persone non hanno niente di meglio da fare? Come fanno a reggere una mezza giornata intera? Anche una partita di calcio dura un paio d’ore e poi via, tutti a casa (a guardare una partita in tv, ma almeno cambi postura).
Insomma, Marx è morto, Dio è morto e anche la musica italiana non mi pare stia tanto bene. Se ha una malattia contagiosa, però, evitate di contagiare il sindacato.