Tutto ciò che posseggo è dentro il trolley, la fase Ryanair del Pd

Quando ho visto la simbologia della convention di Matteo Renzi a Torino non ne ho percepito subito i significati: il trolley è lo strumento di viaggio, per molti versi di vita, sia di tanti giovani che di molti quadri delle imprese italiane che viaggiano veloci perché non hanno bisogno d’altro che di ciò che sta in quella piccola valigia.(A proposito, il trolley ha un nome così nuovo ma va a finire in uno spazio che chiamano “cappelliera”, come se fossimo ancora nell’ottocento. Ma in Italia il cappello lo porta ancora solo il padre di Renzi).
Renzi ha scelto di parlare all’Italia che si muove, che viaggia, che si sbatte nel mondo: è la generazione Ryanair, nella quale la differenza non la fanno l’età e nemmeno il bagaglio.
Perché noi tutti abbiamo un trolley e sappiamo bene cosa ci mettiamo dentro: mutande, pigiama, calze, pettine, dentifricio e spazzolino, scarpe. Chi anche un libro, chi un regalo per i figli o per la compagna. Il trolley è la banalità della vita quotidiana che ci accompagna nel viaggio. Il lavoro, invece, ci segue di solito archiviato in un’altra cartella o nel pc che vi ha uno scomparto tutto per sé.
Il trolley non indica più di tanto la meta del viaggio e, a volte, per dimenticanza o fretta, nemmeno la stagione meteorologica.
Sembrerebbe la stessa cosa ma me pare di no. Secondo Cicerone, la frase venne pronunciata dal saggio Biante di Priene, in fuga dalla sua città presa dai nemici. Il sapiente, insomma, non mostra alcun rimpianto per i beni materiali, perché valore hanno solo i suoi valori spirituali. Se l’interpretazione è giusta (ma non fidatevi di me) allora al Lingotto sarebbe stato meglio usare il rosso: rosso come il fuoco che ha bruciato la città nella quale vivevano il popolo di quel Pd e il suo capo. Perché quella città è stata conquistata dai nemici.
Ora il PD della generazione Ryanair sale e scende dagli aerei della storia, portando sempre con sé tutto ciò che possiede e di cui ha bisogno. È una generazione veloce e dinamica, sempre in viaggio, ma io non so da dove parta e nemmeno dove sia diretto il volo. E’ la generazione che vive, controvoglia, negli aeroporti, spazi moderni e immensi che Marc Augè ha chiamato anche “nonluoghi”.

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