Il libro sul tavolo c’è arrivato per dovere: mi hanno chiesto di presentarlo. Si intitola Non restare indietro e l’ha scritto Carlo Greppi. Chi è costui? Se il nome non vi dice nulla probabilmente non siete studenti delle superiori e non avete mai fatto il viaggio ad Auschwitz; se siete insegnanti, vuol dire che non ve ne frega niente della Shoah e non ne avete mai parlato in classe.Male, cioè bene: potete sempre rimediare cominciando a leggere questo “quasi” romanzo. Ha la forma del romanzo, con i suoi bravi protagonisti (anzi: con il suo protagonista: Francesco), i personaggi minori, quelli di contorno, una storia, per quanto esile. È un romanzo di formazione, come quelli che scrivevano i romanzieri dell’Ottocento, o come scrivono gli americani, che pensano quasi sempre che la formazione debba alla fine a sputare fuori un individuo nuovo, diverso, talvolta migliore. Questo è un libro europeo degli anni Duemila, e la formazione o è democratica o non è.
Democratica: perché chi va ad Auschwitz non torna uguale a prima, come prima. Perché il punto è proprio questo: insegnare non vuol dire riempire un otre vuoto con date e personaggi. Insegnare significa lasciare un segno. Sulla pelle, almeno o, meglio, nell’animo dei ragazzi.
Ps. il romanzo è ricco anche di citazioni di film e di canzoni (ma anche di frasi intelligenti di persone sensibili). Può servire a riflettere su cosa significa fare narrazione del passaggio più tragico della storia umana.
(Comunque, Greppi è un ricercatore di storia e ha pubblicato già alcuni saggi con lo stesso editore che pubblica questo lavoro di narrativa, Feltrinelli. Ah, lavora come un matto, viaggia molto, per scuole e per campi di annientamento dell’umanità, gioca a pallone e ha solo 34 anni).